
L’idea alla base di questo concetto è che un’opinione pur essendo falsa, per il solo fatto di essere creduta vera, porta la persona a comportarsi in un modo che fa avverare l’aspettativa. A partire dalla nostra convinzione iniziale su come andranno le cose, noi tutti attuiamo in modo inconsapevole delle azioni che portano a realizzare nei fatti quella profezia.
Si tratta di meccanismi mentali che ci fanno trasformare gli altri in ciò che vorremmo, o comunque ce li fanno vedere come vorremmo. Per esempio se ci convinciamo, per una qualunque ragione, che una determinata persona ci odia e ci detesta o che al contrario sia attratta da noi a quel punto scatta il nostro comportamento che sarà di ostilità e difesa nel primo caso, di fiducia e apertura nel secondo. In questo modo influenzeremo il giudizio che questa persona ha di noi generando un processo a catena. L’altro vedendo la nostra ostilità, risponderà con ostilità e noi avremo la “prova” e la conferma della nostra intuizione e convinzione iniziale.
Questo concetto è stato proposto per la prima volta nel 1948 dal sociologo Robert K. Merton che prese spunto da un famoso teorema di W.I. Thomas: “Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze”. A questo proposito egli descrisse il fallimento di una banca, provocato dai clienti, che convinti che la banca stesse per fallire, si precipitarono a ritirare tutti i loro risparmi provocandone il fallimento.
Uno dei più importanti studiosi di questo fenomeno è stato Rosenthal che nel 1974 ha messo in luce quello che fu definito “l’effetto Pigmalione”. E’ questo il nome di un mitico re di Cipro che, secondo la leggenda, dopo aver scolpito una statua di donna d’incredibile bellezza se ne innamorò, desiderando a tal punto che essa si animasse tanto che alla fine la dea Afrodite lo accontentò, e la statua prese vita. Negli studi svolti da Rosenthal nelle scuole accade qualcosa di simile. Egli propose un esperimento da compiere all’interno di una scuola elementare. Fingendo di aver somministrato un test alla classe, informò le maestre del fatto che i bambini del gruppo x erano risultati più predisposti allo studio e più intelligenti rispetto a quelli del gruppo y. Il risultato finale fu il fatto che a conclusione dell’anno scolastico i bambini del gruppo x ottennero valutazioni più elevate da parte degli insegnanti e questo portò l’autore a ipotizzare che l’atteggiamento degli insegnanti, influenzato dalle previsioni, avesse condotto alla realizzazione della previsione stessa.
Questo fenomeno è presente nella nostra vita di tutti i giorni e ha diverse implicazioni. Prima di tutto può portare a valutare e interpretare in modo errato gli individui con cui entriamo a contatto. Le prime impressioni che noi ci formiamo, basate su caratteristiche fisiche, comportamentali, sulla similarità dell’altro a noi, sono inficiate da queste profezie.
In che modo?
Le aspettative che abbiamo nei confronti del soggetto porteranno l’individuo stesso a comportarsi come noi ci attendiamo. Ad esempio: Se sto parlando con una persona di cui ho la forte opinione che sia molto timida, probabilmente assumerò un atteggiamento tale da farla comportare in modo che io abbia conferma di ciò che penso.
L’idea alla base è il fatto che le impressioni che abbiamo degli altri possono causare comportamenti che tendono a confermarle. Ed è per questo che è molto difficile modificare le proprie percezioni. Il discorso, di conseguenza, si sposta a livello degli stereotipi. Perché essi hanno la tendenza a conservarsi e sono resistenti al cambiamento? In generale ognuno di noi cerca di individuare nel mondo solo informazioni che li confermano. Si parla di errore di conferma “vedo solo ciò che mi aspetto di vedere”. Inoltre entra in gioco anche, ovviamente, la nostra profezia che si autoavvera. Gli stereotipi stessi ci portano ad agire in modo da produrre comportamenti in grado di confermare le nostre aspettative. Si tratta di un circolo vizioso. Le aspettative della persona A portano alla creazione di particolari comportamenti di A stessa nei confronti di B. Essi però genereranno come conseguenza dei comportamenti di B verso A che porteranno A a confermare le proprie aspettative.
Oltre che alla percezione sociale , la profezia che si autoadempie esiste anche in relazione a noi stessi e ai nostri pensieri: quando pensiamo o temiamo che avvenga qualcosa di negativo ci comportiamo in modo che la previsione si realizzi davvero. La stessa cosa avviene quando una persona teme di essere considerata antipatica dagli altri e allo stesso tempo mette in atto comportamenti di chiusura e di evitamento così da sembrare realmente sgradevole.
Il meccanismo psicologico della profezia che si autoavvera è alla base della psicoterapia strategica, in quanto se un individuo è convinto che un fatto è reale esso lo è comunque nelle sue conseguenze. Lo scopo dello psicoterapeuta strategico è agire sulle premesse cognitive che rafforzano i sintomi, riattribuendo significati diversi alle convinzioni del paziente. Le specifiche modalità di attribuzione di senso agli eventi e le relative strategie comportamentali messe abitualmente in atto dalle persone costituiscono una solida impalcatura a mantenimento del disagio psichico. Il cambiamento e la soluzione di tali problemi umani, personali ed interpersonali, deve passare obbligatoriamente per il cambiamento delle modalità sia percettive che reattive che il soggetto vive nei confronti dell realtà. Watzlawick a tal proposito parla di “realtà inventata”, dove ognuno di noi si crea la propria realtà con un processo di autoinganno inevitabile. La soggettività della percezione porta fatalmente all’autoinganno: se non vedo in modo obiettivo neanche ciò che sta fisicamente davanti a me, ma ciò che voglio vedere in quel momento, a maggior ragione le mie convinzioni, a volte i miei pregiudizi, influenzano l’opinione che mi faccio di una certa cosa, di un evento, di un messaggio.
E allora, dice Watzlawick, se è fatale che io mi autoinganni, posso imparare a farlo in modo utile. Posso convincermi che il bicchiere mezzo vuoto sia invece mezzo pieno. Posso credere di essere antipatico, oppure convincermi di essere simpatico. In tal modo scatta una profezia che si autoavvera, perché se entro in una stanza convinto di essere simpatico, guarderò tutti con un sorriso, e gli altri mi sorrideranno, rinforzando la mia convinzione in un circolo virtuoso piuttosto che vizioso.
A cura della dott.ssa Lucia Recchione
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